Così come certi locali hanno la zona per non fumatori, l’Hurriya ha la zona per non bevitori.
Nel senso che, a differenza degli altri caffè di impianto tradizionale del Cairo, all’Hurriya servono birra, motivo per cui è frequentato anche da stranieri, donne e tipi bizzarri.
In omaggio alla clientela tradizionale, però, un’area del locale è alcool-free, e se ti siedi lì ti chiedi un tè. O una coca, vedi tu.
I grandi finestroni del pian terreno che danno sulla strada, da quel punto del locale, sono spalancati e l’interno è perfettamente visibile dalla strada.
Un tempo erano spalancati anche i finestroni della zona bevitori: io li ricordo così, almeno.
Adesso li hanno schermati con delle grosse tavole di legno che lasciano giusto uno spiraglio per la luce, e i passanti non ti vedono più, te e la tua peccaminosa birra.
Dicono che è una novità dell’ultimo anno.
Ci si scervella per creare sempre nuove barriere, confini e frontiere, in omaggio al feticcio dell’identità. E la fantasia non manca, a quanto pare.
Bizzarro, come sempre, lo spettacolo della prostituzione femminile cairota, con i suoi castigatissimi veli d’ordinanza – quando non, in quartieri come Zamalek o Mohandessin, direttamente in niqab.
Ché, del resto, mi vengono in mente pochi abbigliamenti utili come un niqab, per una che fa la prostituta in strada e magari non vuole essere riconosciuta dai vicini di casa, in questa pettegolissima città.
All’Hurriya, l’altra notte, è arrivato un egiziano con tre di loro. Le tre erano a volto scoperto ma, per il resto, non avrebbero potuto essere più velate: hijab nero fino al mento e lungo sulle spalle, palandrana nera.
Più pie, impossibile.
E vederle lì tranquille che tracannano birra direttamente dalla bottiglia, delle tizie vestite così, è sempre uno spettacolo curioso. Per noi stranieri, almeno. Gli egiziani seduti lì non ci facevano caso.
Li seguivo con lo sguardo, poi, mentre si allontanavano: l’uomo avanti, loro strette in gruppo due passi indietro, a capo un po’ chino. Il ritratto di una comitiva di devoti. E una sospira, pensando che non c’è niente da fare. L’ho già visto da piccola, quando andavo a scuola dalle suore: l’esibizione della modestia e della virtù ha, come corollario inevitabile, la moltiplicazione dell’ipocrisia.
Arriverà il momento in cui basterà vederla senza velo, una donna, in certe zone, per potere escludere che sia una passeggiatrice.
Chissà cosa ci si inventerà, a quel punto.
A quelle donne lì sì che bisognerebbe togliere il velo. Non a chi lo porta per fede e devozione.
Ciao Lia.
Nei paesi dove la rispettabilità di una donna è legata a un codice di abbligliamento, spesso si finisce così. in iran: sotto il chador, minigonna e reggicalze. in afghanistan e pakistan: le prostitute usano il burqa. recentemente qualcuno (mi sembra un esponente del governo egiziano) aveva detto che il velo integrale nelle civiltà antiche era legato alla prostituzione, e quasi lo linciano. se il velo integrale serve per coprire e nascondere, ovvio che la prima cosa da nascondere è ciò che la società non vuole vedere.
senza offesa per chi il velo lo mette con convinzione.
“Per essere riconosciute e non essere molestate”, dice il Corano.
Chi si vela avendo altri scopi, sarà la prima a risponderne davanti a Dio. Ma io, da donna musulmana, velata e “proud to be”, inorridisco pensando a donne che lo fanno per i motivi raccontati da Lia.
Immaginare una donna che “usa” un precetto Divino per coprire le sue nefandezze, è un’ immensa mancanza di rispetto per la religione, a parer mio.
Una donna non deve essere giudicata per il suo abbigliamento, ma se un buon credente musulmano ha stima di una donna velata, che dimostra non solo con il suo vestiario ma con tutto il suo atteggiamento di essere una buona credente anch’ essa, non ci trovo nulla di ingiusto. Ha solo apprezzato il di lei amore per Dio.
Così come una brava donna velata apprezza chi, pur vivendo in un paese non islamico, riesce a mantenersi saldo nei suoi principi religiosi non scendendo mai a compromessi con la propria fede, pur interagendo con la società e facendo amicizia con i suoi membri.
I credenti sono fratelli, e da buoni fratelli si amano l’ un l’ altro perchè hannno in comune l’ amore per Dio.
Pace su di voi.
Va da sé: un “uso” del velo per coprire questo tipo di magagne crea un certo disagio, laddove altrove moltissime donne lo indossano con dignità e devozione.
E’ tuttavia interessante notare come lo stesso capo d’abbigliamento possa veicolare significati così diversi. Se nel caso di quelle donne esso finisce per coprire una forma d’ipocrisia – e non sapremo mai quale disagio stia a monte della loro “scelta” – in altri casi il velo può semplicemente veicolare significati diversi da quelli che gli sono assegnati dall’ottica religiosa delle religioni abramitiche – le quali gli assegnano sostanzialmente lo stesso valore di dignità e pudore. In altri contesti, dunque, esso potrebbe essere la vera e propria “divisa” della prostituzione, oppure altrove potrebbe essere adottato dalle infanti, prima del loro matrimonio, ed altrove ancora essere indossato solo dagli uomini, e non dalle donne. Chissà. Fascino dell’antropologia.
Il quale fascino, d’altra parte, non fa che esaltare la scelta consapevole di molte donne musulmane, che si prendono carico dei significati che riconoscono nell’adozione del velo, e quotidianamente li vivificano, insieme alla loro fede. Un augurio di Pace a tutte loro.
Mannaggia la pupazza! Lo so che ognuno fa come vuole nell’ambito delle sue proprie scelte religiose, ma io queste “divise da donne perbene” le odio, comunque e dovunque le si indossi, anche negli ordini monastici, per le suore, anche il fazzolettino trasparente il più delle volte ripiegato a mo’ di fascia contenitiva per capelli che, insieme alle gonne lunghe, mettono le rumene di una particolare corrente cristiana, e comunque nel caso specifico fanno indossare la velatura integrale alle prostitute acciocchè non possano essere riconosciute per la via come tali, quindi il presupposto che una donna abbigliata come me in giro per il Cairo porterebbe i più a supporre di essere in presenza di una prostituta è automatico, e quindi odioso… però… per farmi capire meglio: comunque non glielo dobbiamo imporre noi dall’alto della nostra società civile o dei nostri media o dei nostri politici, anche perchè pure noi abbiamo ben poco da ridire in quanto ad ipocrisia. Sappiamo tutti che esistono donne e simili che si prostituiscono, ma siamo tutti tanto seccati di trovarcele/i sotto casa la notte, però se andassero a farlo al chiuso in qualche casa all’uopo preposta, tanto cara ai nostalgici che ne farebbero di nuovo e volentieri un gran uso, allora saremmo tutti soddisfatti e sollevati. Però…. eh?