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Edoardo Vigna tiene sul Corriere Magazine la rubrica “Il mondo è paese” che, questa settimana, è dedicata allo sciopero in Egitto di cui su Haramlik si è parlato qui, qui e qui.

Quel che è avvenuto agli impianti Misr Spinning and Weaving è molto più del Vaffa-Day convocato “dall’alto” da Beppe Grillo: è ciò che i poveri birmani, fortunati se dagli internet cafè di Rangoon riescono ad aggirare la censura, ora possono solo sognare. “La blogosfera egiziana si è mobilitata alla grande. Ha seguito lo sciopero via Twitter […]” mi traduce l’italiana Fulvia De Feo (Lia di Haramlik) […]
L’autoconvocazione on-line, sperimentata 180 km a nord del Cairo, ha avuto un incredibile successo […]

L’Egitto dà la linea con il maxi-sciopero gestito “via blog”. Continua a leggere qui

L’articolo si apre con questo post di Zeinobia, poi cita questo di Cairene nonché l’immenso lavoro di foto e video svolto da Kareem el-Behirey e, naturalmente, si conclude segnalando Hossam el-Hamalawy, curatore del blog Arabawy e giornalista e attivista appassionato che ha saputo contagiare un mare di gente tra cui persino la sottoscritta, in quei giorni.

Metto in linea il pdf per segnalarlo alla blogosfera egiziana: appena ho un attimo di tempo vedrò di tradurlo in inglese, ché mi pare doveroso.

Una settimana fa scrivevo che “io ci credo e ci tengo, al potenziale dei blog e alla loro capacità di fare – e di essere – informazione nel senso più ampio del termine.” Quest’impresa compiuta dai blogger egiziani mi consola: tra un’ingenuità e l’altra, ogni tanto ci azzecco.
E l’impresa è notevole davvero, ed è una lezione: si possono fare cose serie e belle, con questo nostro (a volte) bistrattato strumento.
Mantenendo saldo lo spirito critico e la voglia di pensare in grande, ovviamente.

Bon, sono contenta.
Per una volta, l’accoppiata stampa-blog non produce disastri, non offre motivi per mettersi le mani nei capelli e, anzi, produce informazione seria e onesta nonché – e non guasta, vista l’aria che tira in Egitto – un feedback utile e motivante per i protagonisti dell’articolo.

Per quanto riguarda la sottoscritta, non ci vuole la zingara per intuire che ci ho pensato dieci volte, prima di dire anche solo “buongiorno” a un membro della traumatizzante carta stampata nostrana.
A Luca di Pandemia ho ricordato che ero reduce da esperienze un po’ faticose, come dire. Lui mi ha risposto che Vigna era un giornalista serio e sono contenta di appurare che aveva ragione.
Ogni tanto fa bene.

(Ovviamente, la prossima volta cercherò di farmi capire meglio, a proposito di Twitter. Una prof dovrebbe sapersi spiegare alla perfezione, dico io.)