Vediamo se riesco a spiegarmi senza suonare troppo moralista, troppo grillo parlante.

C’è stato, dunque, questo notevole psicodramma sulla classifica di BlogBabel, e qui ci mettiamo il disclaimer d’obbligo: sì, certo, la classifica attizza tutti compreso l’Haramlik, ché vedersi pubblicamente riconosciuti come bravi e letti non fa schifo a niuno e poi una sua oggettività ce l’ha, in qualche modo, almeno tra i blog che ne fanno parte da molto tempo, ché io vedo che nei momenti in cui il mio blog fa schifo scende pure sulla borsa di BlogBabel e, viceversa, sale quando si ripiglia. Lo vedo funzionare proprio così, è matematico (se posso permettermi di usare un termine a me poco familiare, ecco).

Quello che volevo dire, però, è che uno non bloggherebbe per quello, ovvio, e soprattutto che c’è un senso, nell’essere più o meno letti e più o meno riconosciuti come popolari, che va un pelicchio al di là della gratificazione personale e, anche, delle sue trappole. E questo senso sta nell’utilità che il tuo blog può avere, nel tuo piccolo potere di essere ascoltato quando hai una cosa da dire. Da questo punto di vista, giocare con le classifiche e con la visibilità per produrre rumore fine a se stesso è veramente evil, come dice Livefast da qualche parte, perché sottrae linfa, forza, a quella che è la funzione più rivoluzionaria, bella e importante dello strumento che abbiamo tra le mani: quella di potere diffondere uno straccetto di informazione, di opinione, e di essere quindi utili. E più si viene letti e diffusi e più ci si riesce, è chiaro. Mi pare, quindi, che il punto stia nel chiedersi a cosa serva, avere una determinata posizione nella tale classifica o, comunque, una determinata visibilità. E scartando il piatto di lenticchie dei soldi che qualcuno, beato lui, ci riesce a tirare fuori, io non riesco a vederci altra utilità che quella di avere maggiore forza nella propria voce, di arrivare ad essere ascoltati più lontano.

Questa ovvietà, dimenticata come tante altre nel nostro italico mondicello satollo e vissuto solo al presente immediato, è perfettamente chiara ai blogger dei cosiddetti paesi in via di sviluppo, che pagano anche dei prezzi non indifferenti per non svilire lo strumento che tutti abbiamo tra le mani.

Ed è stato strano, giusto nei giorni dello psicodramma linkatorio nostrano, leggere il decalogo di Fouad, saudita di 32 anni, su perché si blogga:

Why Do We Blog?

1. Because we believe we have opinions that deserve to be heard, and minds that should be respected.
Perché crediamo di avere opinioni che meritano udienza, e pensieri che dovrebbero esser rispettati.
2. Because societies do not progress until they learn to respect opinions of their members. And we would like to see our society progressing.
Perchè le società non fanno progressi fino a che non imparano a rispettare le opinioni dei propri membri. E a noi piacerebbe veder progredire la nostra società.
3. Because blogging is our only option. We do not have a free media, and freedom to assemble is not allowed.
Perché il blog è la sola nostra possibilità, dato che non abbiamo mezzi di comunicazione liberi e non è possibile organizzare insieme la libertà.
4. Because we want to discuss our opinions.
Perché vogliamo mettere in discussione le nostre opinioni.
5. Because we think.
Perché pensiamo.
6. Because we care.
Perché abbiamo a cuore i problemi di tutti.
7. Because blogging has had a positive effect on other societies and we want to see the same result in our society.
Perché i blog hanno avuto un effetto positivo in altre società e noi vogliamo vederlo anche nella nostra.
8. Because blogging is a reflection of the life of society members. And we are alive.
Perché il blog rispecchia la vita dei membri di una società. E noi vigliamo esserne componenti vivi.
9. Because blogging is gaining increasing attention from media and governments. We want them to listen to us.
Perché bloggare vuol dire conquistare una crescente attenzione da parte dei media e dei governi. E noi vogliamo essere ascoltati.
10. Because we are not scared.
Perché non siamo intimoriti.
11. Because we reject the cattle mentality.
Perché rifiutiamo la mentalità del gregge chiuso nel recinto.
12. Because we welcome diversity of opinions.
Perché accogliamo positivamente la diversità delle opinioni.
13. Because the country is for all, and we are part of it.
Perché il nostro paese è per tutti, e noi ci siamo dentro.
14. Because we want to reach out to everyone.
Perché vogliamo comunicare con tutti.
15. Because we refuse to be an “echo”.
Perché rifiutiamo di essere un’eco.

16. Because we are not any less than bloggers in other societies.
Perché non siamo affatto da meno dei blogghisti di altre società.
17. Because we seek the truth.
Perché noi siamo alla raicerca della verità.
18. Because our religion encourages us to speak out.
Perché la nostra religione ci incoraggia a parlare apertamente.
19. Because we are sick and tired of the Saudi media hypocrisy.
Perché non ne possiamo più dell’ipocrisia dei media sauditi.
20. Because we are positive.
21. Because blogging is a powerful tool that can benefit society.
Perché i blog sono uno strumento forte che può far del bene alla società.
22. Because we are affected and we can affect.
Perché siamo per natura esseri socievoli.
23. Because we love our country.
Perché amiamo il nostro paese.
24. Because we enjoy dialogue and don’t run away from it.
Perché ci piace lo scambio di idee e non vogliamo rinunciarvi.
25. Because we are sincere.
Perché siamo sinceri.

(Traduzione di http://urbanocipriani.splinder.com/)

Questi 25 punti appaiono random sul banner che ho messo qua sopra e che chiede la liberazione di Fouad, che è stato arrestato il 10 dicembre scorso. Io credo che, al di là del significato solidale del banner, averli a portata di mano sia utile un po’ a tutti.

C’è una cosa che mi ha dato da pensare, a proposito di tutto questo, ed è che io l’ho seguita abbastanza in diretta, la vicenda di Fouad, visto che mi piacciono i blog del Medio Oriente e li leggo, e l’ho vista ripresa dalla stampa spagnola e ignorata, se non sbaglio, da quella italiana, almeno fino ad oggi.

Solo che, invece di raccontarla sul mio blog, come avrei fatto in altri tempi, l’ho presa e mi sono messa a segnalarla per email a qualche redazione di giornale, senza scriverci un rigo in prima persona. Perché mi è sembrato inutile farlo. Perché mi è parso che si stesse svuotando di significato, scrivere queste cose sui blog. Perché – quasi inconsciamente, e lo sto razionalizzando solo ora – mi è parso che il nostro fosse un mondicello forse un po’ ozioso e chiuso, e che è meglio che finiscano sui giornali, le cose così. Forse sono più utili loro, dopotutto. I giornali. Già.

Mentre qui si gioca, in altri paesi si finisce in galera. Certo, è la vita, che vuoi farci. D’altra parte, in quei paesi si cresce prima, si diventa uomini e donne più in fretta. Da noi si rimane bimbi a lungo. Quanto alla cosiddetta autorevolezza dei blog e delle blogosfere: io so che, se voglio sapere cosa succede in certi posti, lo scopro più dai blog che dai giornali. In questo posto qui, invece – in Italia, sì – sappiate che può succedere questo, appunto: che una che ha un blog e che li ha sempre detestati, i nostri media, ultimamente si ritrova a chiederlo tipo “per favore” ai giornali, di pubblicare una data notizia, ché vederla sui blog, a partire dal suo, le pare inutile.

No, volevo dirlo. Caso mai significasse qualcosa.