All’ospedale Gaslini di Genova si ricoverano i bambini. I bambini devono andare a scuola. Quindi, se sei ricoverato al Gaslini e non puoi, la scuola viene da te.
Io vado lì da qualche mese, a insegnare la mia materia quando è possibile – sono lezioni in cui “flessibilità” è la parola chiave, in fatto di orari e di giorni – e rivedo un fenomeno che già mi colpiva in Egitto: che i ragazzi con problemi veri, e concreti, sono spesso dei gran bravi studenti.
L’autobus mi lascia in alto, in cima alla collina. Poi è una passeggiata in discesa e in dieci minuti sei lì, tra questi padiglioni nel verde che si chiamano “Tartaruga”, “Delfino” etc. e, come sottotitolo, hanno i nomi delle varie specialità mediche, ma quelli non viene voglia di leggerli. E’ un bell’ospedale e ti rassicura, in qualche modo. Non è il villaggio dei sette nani, però, anche se una tende a volerlo pensare, tra i cespugli e la pulizia e le facce gentili del personale, e basta guardare la palazzina dell’obitorio per ricordarselo, così piccola e incongruente, con un cartello davanti con la lista delle imprese funebri a cui rivolgersi ed è evidente che è un cartello messo lì per soccorrere nello smarrimento totale. Siamo programmati per sentirle contro natura, le tragedie che toccano i bambini. Non le possiamo assorbire.
E’ un bell’ospedale, dicevo, e ci si può lavorare francamente bene, con la connessione internet nelle camere dei bimbi, le infermiere pazienti che ti fanno usare la fotocopiatrice al volo, le colleghe che ti spiegano tutto con estrema disponibilità e così via. Un’Italia che ispira fiducia.
Oggi ci è atterrato un elicottero sul tetto. Non sai che baccano fa, un elicottero sul tuo tetto. Rosso, era. L’ho visto perché stavo uscendo, avevo appena finito, e mi è sembrato enorme, un gigante simpatico.
Io lo so, come ci si sente. Pupina mi fece prendere una paura seria, secoli fa, e fu una paura che durò settimane. Le ricordo come le peggiori della mia vita, e sì che di emozioni intense non ne sono mancate, dalle mie parti. Brutta come quella, però, nessuna. Contro natura, come dicevo.
Saperlo rafforza la professionalità, credo. E’ scuola, e la scuola è un impasto di serietà e di gioco, senza sbavature inutili e fuori posto, senza sciocchezze. E fare scuola è anche divertirsi, ci mancherebbe altro. Quindi mi piace, fare scuola lì, e imparo e osservo e mi osservo, e incasso con gratitudine l’esperienza che guadagno. Anche nelle cose sciocche, ché a mettere camice sterile, cuffia e mascherina sono un razzo, ormai, e all’inizio ci mettevo mezz’ora e mi allacciavo tutto storto. E penso che ho fatto scuola in mille latitudini e circostanze, ormai, e mi piace. Mi avvio a diventare un vecchio lupo di scuola e la sento, la mia esperienza. Mi fido di lei.
Poi finisco la lezione, scendo ancora lungo questi giardini, questi padiglioni coi loro disegni e le tragedie e le professionalità che sfiori, e anche le fortune e le gioie che riempiono ‘sto posto, e arrivo all’uscita e lì c’è il mare, di colpo, a un palmo dal tuo naso. Un mare enorme, grandissimo, senza nulla che lo limiti. E’ come se ti sbattesse in faccia, c’è solo lui. Respiri e senti il sale, e pensi che ci tocca vivere, a tutti quanti. Va bene.
sarà che in questo periodo son un po’ sensibile, ma mi hai commosso…
Che botta.
Che bello.
Baci
OT elettorale: il messaggio di Zapatero
Mamma mia, mi riporti indietro nel tempo; un periodo durato diversi anni, con tanta voglia di dimenticare un qualcosa che ogni giorno è un presente per me e Laura.
Sei un angelo, dai un bacetto ai tuoi piccoli alunni, da parte di tutta la mia famiglia.
un po’ di emozione su un computer dell’area relax di un ostello carinissimo di valencia.
bella scelta pupina…
¡ayuda! la tastiera spagnola!!!
buone giornate
gio
dietro ogni poeta v’è un giardino di muse. quando sarò medico mi piacerebbe lavorare in un ospedale del genere. purtroppo, ho gia fatto il mio voto di castita a msf. la prossima vita provvedo.
scritto buono, socia. ci sai fare.
buona vita, allora.