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Poco fa ero al Fish Market, che è un ristorante all’aperto su uno dei barconi sul Nilo attraccati a Giza, e c’era vento ma si stava bene e mangiavamo i mezzeh in attesa del pesce quando mi è arrivato qualcosa di grosso e svolazzante addosso e mi ha colpito a una spalla e lo avevo visto arrivare una frazione di secondo prima e pareva un passero ma – ovvio – di notte non può essere, quindi ho pensato: “Cribbio, un pipistrello!” e mi sono alzata per liberarmene temendo che mi fosse rimasto attaccato alla maglietta e che mi arrivasse ai capelli e, intanto, Julia era già in piedi urlante e temendo – giustamente – che la buttassi addosso a lei, la bestia che mi stavo scuotendo di dosso, e Pepe ci guardava pacifico e io non la trovavo più, la roba strana che mi aveva colpito, e non capivo se era volata via o che fine avesse fatto.

Julia: “E’ lì!! Sotto al tavolo!!!”

Io: “Dove???” e intanto confondo la tasca dei miei pantaloni neri con la bestia in questione e mi viene un colpo, poi capisco che è solo una tasca, appunto.

E ci ritroviamo tutti chini sotto al tavolo: io, Julia, Pepe, i clienti del tavolo accanto e i camerieri accorsi in forze. E la bestia è lì, appunto, rannicchiata accanto alla gamba del tavolo, ed è enorme (come un passero, appunto) e non si capisce cosa sia. Uno scarafaggio gigantesco e volante. Qualcosa di orribile. E io sento ancora il colpo sulla spalla e decido che la cosa non mi scuoterà, di qualunque bestia si tratti. “Nervi saldi!” è la consegna.

I camerieri la estraggono a calci da lì sotto e cercano di schiacciarla con la scarpa: niente da fare, non ci riescono. Ha una corazza seria, non la schiacci facilmente.

Finiscono col trascinarla a calcetti dall’altra parte della barca per schiacciarla con calma, e si sente: “Schiaccia più forte, saltaci su con decisione!”. Il “craac” finale ci viene misericordiosamente risparmiato dal fato, ma deve esserci stato. E noi torniamo alle nostre insalate, con Pepe che è totalmente zen, in queste cose (lui si svegliò coi topi addosso, una volta, ad Alessandria) e io che sono un modello di anglosassone distacco perché lo ho deciso e Julia che scruta con sospetto l’orizzonte, invece, caso mai ne arrivassero altri, e ripercorriamo la scena chiedendoci come cavolo abbia fatto, una roba del genere, a piombarmi addosso trascinata dal vento del Nilo. Ché ci sono 20 milioni di persone, in ‘sta città, dopotutto. Proprio addosso a me doveva finire?

Anche se poi, pensandoci, se finiva nell’insalata era peggio.

E poi sono venuti i camerieri a esprimersi, pure loro, sul bizzarro caso, e ci confermano che l’analisi del cadavere non lascia dubbi e che era proprio uno scarafaggio, e vogliono essere sicuri che non venisse dall’interno della barca e noi confermiamo: veniva da fuori, lo abbiamo visto: portato dal vento a tutta velocità, non chiedetemi come. A meno che il vento non lo avesse spazzato via dal tetto del barcone per poi ricacciarlo dentro, addosso a me. Boh. E per un attimo immagino che vogliano congratularsi con me, i camerieri: devo essere la fiera vincitrice dell’impatto contro uno scarrafone dell’anno. E nessuno che io conosca l’aveva mai vista, finora, una bestia di questa entità al Cairo. Figurati in versione aereo da guerra che ti punta e ti colpisce in volo.

Le insalate erano buone, comunque. La birra, un po’ calda. E siamo tutti su Google, adesso, a cercare di capire quale tipo di scarrafone può mai essere una bestia grossa quanto un passero e capace di volare.

Ho fatto vedere a Julia delle foto di cervi volanti, ma lei dice di no: che il nostro era più brutto e più marrone.

Ed io continuo a sentire un certo formicolio alla spalla, nel punto in cui è avvenuto l’impatto. La maglietta, la lavo domani mattina presto.