Cito da Paola Caridi:

Mi sono appena vista una inchiesta (molto bella) che al Jazeera English aveva girato nel 2007 sui blogger, sull’attivismo politico in Egitto dal 2005 in poi, concentrato sul periodo in cui i blogger subirono ondate di arresti. Alaa Abdel Fattah, il più famoso, fu arrestato, stette in galera per 45 giorni, lui, ragazzo di sinistra, laicissimo, assieme ai blogger islamisti. Ascoltò musica sha’bi con loro (lo raccontò sul suo blog, uscito di galera), ed è questa una delle immagini che spiega come mai, a piazza Tahrir, ci siano diverse anime che convivono senza problemi. sandmonkey, l’esempio del blogger maledettamente filooccidentale e liberal, convive con alaa, con arabawy, con monem.

Il filo rosso è richiesta di diritti civili, eguaglianza, responsabilità individuale. Niente di più, niente di meno. L’Occidente deve stare molto attento, a non tenere conto di richieste che sono così simili alle nostre, perché se questa fame di cittadinanza e democrazia, declinata in modo così “fragile eppure così forte” (parafraso le parole di Alaa, stamattina su twitter), non verrà ascoltata e soprattutto accolta, saranno allora tempi veramente duri. E nessuno potrà dire di non aver visto quello che la Repubblica di Tahrir (definizione azzeccata di Roger Cohen sul New York Times) ha insegnato un Occidente disattento, o forse peggio, in malafede. Una lezione che parte da lontano, dal 2005, ed è per questo che i ragazzi di Tahrir sono così preparati, così tenaci. Sanno cos’è la dissidenza, la fanno da anni, e hanno pagato già per questo.

L’altro giorno, al telefono, un vecchio amico che sta per pubblicare un libro sui Fratelli Musulmani mi raccontava esattamente le stesse cose: di come ci sia uno stacco generazionale forte, tra i vecchi Fratelli Musulmani e i giovani, e di come questo stacco sia in buona parte dovuto anche all’avere condiviso dissidenza e prigionia con i giovani laici. Scoprendosi simili, ascoltando la stessa musica, condividendo lo stesso desiderio di giustizia e diritti.

E’ un discorso che va approfondito. Intanto, Invisible Arabs continua ad essere un’ottima lettura.

Sull’attivismo politico dei blogger egiziani negli scorsi anni, ricordo anche un articolo uscito su Corriere Magazine nel 2007, in seguito a una mia segnalazione al giornalista Edoardo Vigna.

Ne parlai in questo post. Nel 2007, appunto. Se ci fate caso, i blogger che segnalavo allora sono gli stessi in piazza oggi.