Svegliarsi liberi, ammesso che si sia riusciti a dormire, e scendere in strada a pulire e ad aggiustare la propria casa, il Paese intero.

Scendere con le scope, i sacchi, gli arnesi per riparare i danni e, su Twitter, c’è chi lancia appelli perché serve vernice nera e bianca a piazza Tahrir, c’è da rifare la segnaletica stradale.

Sandmonkey, da cinico per finta quale è, posta una foto e ridacchia: “Roba da matti, ma stanno tutti pulendo!”. E, sì, su Twitter è tutto un racconto di avvistamenti di gente che pulisce: “Una decina di ragazzine della scuola stanno pulendo verso la Corniche. Mia madre è scoppiata a piangere di nuovo.” E poi ci sono quelli che riparano le strade che hanno danneggiato quando hanno fatto le scorte di sanpietrini per difendersi:

E tutti a dirsi: “Da domani, tutti di nuovo al lavoro. E a lavorare come mai prima, ché dobbiamo costruire un Egitto migliore!” E l’appello di Wael Ghonim, uno degli eroi di questi incredibili giorni, che chiede all’emigrazione qualificata di “rientrare in patria ASAP, bisogna ricostruire l’Egitto“. Ed è che, da ieri, i messaggi agli emigranti si moltiplicano: “Penso a tutti quelli che se ne sono dovuti andare, spesso in situazioni terribili, persino illegalmente: costruiamo una patria da dove non ci sarà mai più bisogno di fuggire!” “Diaspora egiziana, il paese ha bisogno di te! Torna e INVESTI qua!!

Si parla dei paesi arabi che stanno guardando, delle proteste che sorgono attorno e Mona scrive: “Agli amici che progettano la rivoluzione, un consiglio offerto con umiltà e amore: poca gente avrà fede in voi. Che vadano al diavolo.”

Il quarto comunicato delle Forze Armate è musica per le orecchie dei ragazzi: assicurano che lo Stato avrà una leadership civile che verrà da elezioni libere e democratiche; giurano che la polizia si comporterà in modo pulito, d’ora in poi, e aggiungono che l’Egitto onorerà i suoi trattati. Zeinobia sintetizza, va al nocciolo: “L’Egitto rispetta i trattati quindi datti una calmata, Israele!”

Qualcuno della comunità spagnola mostra orgoglioso la storica prima edizione di Al Ahram (irriconoscibile anche online, oggi, con le immagini dei ragazzi morti sulla home) che ormai è introvabile perché ogni egiziano vuole conservarla per mostrarla, domani, ai figli:

E se qualcuno, leggendo Twitter, si stesse domandando per quale motivo mezzo Egitto si stia capovolgendo dal ridere con battute sul Kentucky Fried Chicken, ecco come me lo spiegava Julia tre giorni fa:

Dentro la piazza la gente, geniale, distribuiva datteri e dolci dicendo che era Kentucky (non so se sai che la TV statale sta dicendo che ci sono “forze straniere” che danno 100£ a persona e cibo Kentucky alla gente della piazza per farla stare lì…) Ci chiedevano tutti se avevamo piani segreti, insomma, artisti totali.

E, con buona pace di chi ha sparso bile sui residenti stranieri che hanno solidarizzato con la gente a Tahrir:

I militari [si parla di tre giorni fa] sorvegliavano le entrate alla piazza e tenevano da parte gli stranieri. Poi siamo arrivati noi e, quando hanno visto che avevamo tantissimi timbri egiziani sui passaporti, ci hanno detto che avevamo tanto diritto come quelli dentro la piazza, a stare là, e ci hanno lasciato passare. E niente, siamo tornati da poco, dopo avere incontrato tanti alunni e la famiglia al completo della Bakery [la pasticceria sotto casa di Julia ed ex casa mia] che ci ha dato un abbraccione da non credere.

E poi c’è stata Al Jazeera, che merita di vincere tutti i premi di giornalismo dell’anno e del decennio, e che in tantissimi hanno ricordato e ringraziato ieri, in rete, mentre si festeggiava per la caduta del dittatore, per avere mostrato a tutto il mondo quello che gli egiziani, a mani nude, stavano facendo.

Chi era sintonizzato su AJE al momento dell’annuncio di Suleiman l’ha visto: silenzio in studio, microfoni puntati su Tahrir e l’esplosione, potente e meravigliosa, della felicità nella piazza. Solo loro, tutto l’audio per la folla, per minuti e minuti e minuti e sembrava non finire mai, eri lì nella piazza col boato nelle orecchie e potevi solo piangere di commozione, davanti a quella distesa infinita di gente, davanti a quell’unica voce della piazza che traboccava da tutti gli altoparlanti, senza interpreti, senza interferenze, la loro voce e la loro gioia e niente altro. E poi, quando hanno ridato la linea alla corrispondente, piangeva pure lei e piangevamo tutti e, al diavolo, succede una volta nella vita, se sei fortunato, di essere testimone di una cosa così.

Ci sarà tempo, da domani in poi, per analizzare il cambiamento avvenuto, immaginare il futuro, vedere i – tanti – pericoli che minacciano questa bebè di quasi democrazia e, anche, per ridisegnare delle categorie mentali e politiche – quelle dello scontro di civiltà, la robaccia neocon, le cazzate che ci hanno detto per anni – che, oggi, l’Egitto ha fatto invecchiare di cent’anni, ha trasformato in obsolete, ha gettato nella pattumiera della Storia assieme alla malafede di chi le propugnava.

Domani.

Oggi c’è bisogno di godersi fino in fondo questa felicità. Nutre il cuore, dà fiducia e coraggio, rende più forti.

E sorrido pensando a uno dei twit di stanotte di Sandmonkey (leggetevi la sua cronaca della rivoluzione), scritto nel pieno della festa: “A tutti quelli che ci hanno ridicolizzati, che si sono opposti a noi, che volevano farci scendere a compromessi, io dico: BENVENUTI ALLA FESTA :) OGGI FESTEGGIAMO TUTTI!!!”