Un mese e mezzo che è passato in cinque minuti, e quasi tutto al Cairo. Il Sinai l’ho visto per una settimana scarsa: la città mi ha inghiottito e non riuscivo a staccarmene. Ho dormito poco e sempre nelle ore sbagliate, ho visto un sacco di albe, ho parlato tanto e ascoltato molto di più. Non ho ancora nemmeno cominciato a stare qua e già devo ripartire. Tornerò in Italia e mi sembrerà di nuovo lontanissimo, il Cairo, e di nuovo mi ibernerò emotivamente fino al prossimo ritorno.

Ho da raccontare un sacco di cose, provo a elencarle.

Lo stupore infinito di una libertà mai nemmeno sognata, in questo paese.
La saggezza calma della gente, che ha millenni di storia alle spalle e si vede. Il taxista ti indica il palazzo bruciato durante la rivoluzione, tu gli chiedi se è stato un bene o un male e lui sorride: “Domani si vedrà.
La festa laica a Tahrir
L’avvocato di una ventina di vittime di Mubarak e le cose che ci ha raccontato da Groppi’s.
Filippo che poi è andato a fare foto in Libia e chissà che starà combinando in questi giorni.
Le tre sindacaliste che ci hanno raccontato la rivoluzione vista dai lavoratori, fumando una shisha in una stradina di Downtown.
L’esercito, i tank, la polizia marzialissima i primi giorni dello sgombero di Tahrir, svaccatissima adesso.
Il ramadan che ha pervaso tutto agosto, trasformando il Cairo in una distesa sospesa e ovattata e me in straniera in cerca di collocazione se non di adozione, e io che chiedo a un babwab se mi lascia fumare nella sua guardiola, ché non ne posso più, e lui che mi piazza in poltrona con un posacenere e mi offre l’acqua e la scala è buia, piena di gatti, e la mia debolezza da tabagista che ha caldo lo fa ridere, e io rido con lui.
La terrazza dell’Odeon con le sue birre e quel mare di chiacchiere fatte e ascoltate e il vento del decimo piano che ti fa respirare, e i tramonti e le albe.
L’amico di vent’anni, col suo Egitto intrecciato col mio e che incontro sempre nei momenti topici, quando la mia vita o la sua sta cambiando.
La gente nuova: la ragazza mora che mi è sbucata dal blog e che si sta cercando e che è bellissima e dolcissima e una vorrebbe risparmiarle del dolore, della delusione, ma poi cosa c’entro io. Magari lei lo trova, un islam difendibile nel contesto politico. Magari, i vent’anni che ha meno di me le daranno la libertà e la forza di costruirselo, nonostante tutto. Forse.
Carlo che mi ha scritto da Maadi e che non ho incontrato perché sono stata travolta ma, soprattutto, perché sono timida e troppo poco contenta di me per conoscere tanti sconosciuti nuovi.
Susan, con cui sono andata a spasso per due settimane chiedendomi sempre cosa ne pensasse, di questo mio Egitto che non ero certa di sapere comunicare, e senza mai capirlo.
I giornali, i discorsi, le previsioni sulla vittoria degli islamisti a novembre e la tranquillità dei laici che ti dicono: “Siamo un paese unito da 5000 anni” e tranquillizzano anche te, in qualche modo. Forse.
Israele, che ha sconfinato a Taba mezz’ora dopo che eravamo passate io e Susan, uccidendo un po’ delle guardie in maglietta che, paciose e assonnate, ci avevano appena guardato i passaporti.
Israele, e la sua violenza omicida su cui non c’è più niente da dire, niente da spiegare, niente da perdonare.
Le ore passate a parlare della morte di Vittorio Arrigoni: i miei dubbi terribili, il post che vorrei scrivere da quando lo hanno ucciso e che rimando, autocensurandomi, senza sapere nemmeno io perché.
Questo Egitto perbene, con la sua anima profondamente pulita, e gli avvoltoi che gli volano attorno.
Gli ingenui, i cattivi, i cinici e gli entusiasti, i profittatori. I baltageya.
Mubarak al processo sulla sua barella e la vergogna che comincia a calare nelle ossa degli egiziani che ricordano la morte in piedi di Saddam Hussein, le sue ultime parole dedicate al futuro dell’Iraq, e li imbarazza il loro dittatore piagnucolante.
E poi l’allegria e il casino delle strade cairote di notte, e i milioni di persone a passeggio, le famiglie, i bambini, la pazienza reciproca di tutti con tutti, le grida e i botti, l’odore di shisha, il sorriso e le risate sempre a fior di pelle e io che mi sento viva anche solo respirandola, la città e il suo smog e il suo casino dolce e la sua indistruttibile vitalità.

Ho un sacco di roba da scrivere, devo solo fare ordine.