Sono troppo lontana per riuscire a credere davvero che l’Egitto, come l’ho conosciuto, possa smettere di esistere. O per fare mia la frase “ho perso le speranze” di amiche carissime che sono lì. Non sono preparata a un simile lutto, non voglio viverlo, in questi momenti mi mancano gli strumenti per pensare alcunché.
Seguo in rete, da tanto tempo, organizzazioni e gruppi egiziani e arabi e, anche, molte persone che in Egitto ci vivono e/o se ne occupano da anni. Alcuni sono miei cari amici anche nella vita reale, ad altri mi lega la vicinanza che si instaura tra chi si legge a vicenda da tanto tempo. Altri ancora, semplicemente, li apprezzo o ne trovo comunque stimolante il punto di vista. Tra tutte queste persone, per anni, c’è stata una forte comunanza di vedute, una sensibilità che accomunava. Si potevano avere opinioni diverse su argomenti concreti, ma si aveva comunque l’impressione di fare parte di un unico gruppo. Adesso, non più.
Tra i miei contatti c’è gente a lutto e gente che invece festeggia il massacro. Persone che non si vergognano di raccontare, frivole, di essere state a ballare la sera dopo, accanto a persone che denunciano tutto l’orrore possibile. Accuse reciproche – e in gran parte fondatissime – di terrorismo, di crimini feroci. Una spaccatura totale tra chi denuncia le malefatte degli Ikhwan e chi denuncia quelle dell’esercito, adesione cieca a un bando o all’altro, prese di posizione senza ritorno, di quelle che rendono impossibile mantenere i rapporti, dopo. Di quelle che seppelliscono amicizie di anni.
Non ho nessuna simpatia per i Fratelli Musulmani. Ne disprezzo l’oscurantismo opportunista, il cinismo, la strumentalizzazione della religione e della povera gente. Credo che, inetti nel governare, abbiano poi fatto del loro meglio per fomentare la spaccatura del paese, come sempre attenti ai loro interessi più che al bene di tutti.
Sono però allibita di fronte a un esercito – un esercito preparato, serio – che, per sgombrare una piazza, ha compiuto un massacro di queste proporzioni, in questo contesto, in questo momento storico. Non ne capisco il senso, e non parlo da un punto di vista morale o etico, da cui comunque non si può prescindere. Parlo da un punto di vista politico, strategico. Che hanno fatto? Come hanno potuto? Quale visione di futuro c’è dietro a tutto questo, ammesso che ce ne sia una?
L’insensatezza annichilisce, forse persino più del sangue.
Nessuno può comunque ignorare che, come non esiste un Egitto senza laici e cristiani, non esiste un Egitto senza la Fratellanza. Cerchiamo di non dimenticarcelo nemmeno qui sulla rete, tra noi, tra chi queste cose le racconta e si fa testimone di ciò che in fondo non è altro che amore per quel pezzo di mondo.
Tra i tanti amici della rete, uno dei pochi che in questi giorni mi trasmette della fiducia nel genere umano, con i suoi interventi, è Ibrahim, che forse i lettori più vecchi ricorderanno per i suoi bei commenti qui, tanti anni fa. E scrive:
Condanno senza esitazione la repressione governativa, che d’altra parte considero come un provvedimento tristemente naturale e prevedibile, da parte di un regime militare che detiene un potere incontrastato nel Paese ormai da oltre 60 anni. Ora, quale altra risposta resta da attuare, nel momento in cui il monopolio della forza è saldamente nelle mani delle forze armate, con un sostegno estremamente ampio – se non perfino maggioritario – da parte della popolazione civile egiziana? C’è una via d’uscita che non sia la ripresa ad oltranza del negoziato, con la prospettiva di salvare altre centinaia, se non migliaia di vite umane?
Questo, il punto della situazione, che non sta nel chi urla più forte il proprio sdegno, ma piuttosto in chi – in particolar modo tra coloro che assumono ruoli e funzioni dirigenziali – dimostra la lucidità di denunciare il male ed, allo stesso tempo, di indicare la via del male minore, se non proprio della miglior soluzione, in momenti di crisi in cui la Comunità si lascia prendere da passioni apparentemente irrefrenabili, e che fa gridare al nemico nei confronti di chiunque non si allinei alla linea dell’istinto e dell’ideologia.
Chiediamo che Dio accolga le anime di coloro che sono morti nelle scorse ore, e che i responsabili siano puniti; ma chiediamo altresì che non siano sacrificate altre anime dallo spirito di vendetta, di per sé foriero soltanto di ulteriori tragedie.
Ed è che questi sono momenti in cui non c’è spirito laico che tenga: si prega.
Già. Ti ho pensata spesso.