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Vabbe’, sì, ‘sto blog va a votare.

Perché dalla scuola si vede troppo, che ‘sto paese bisogna pur governarlo. Lo si potrebbe anche affondare nel Mediterraneo, non dico di no, e rimarrebbe un suggestivo spazio vuoto tra Spagna ed ex Yugoslavia che avrebbe un suo fascino, ma intanto che ci si decide io devo andare a scuola, e un Buttiglione ministro non lo posso avere. Abbiate pietà. Io vado a votare, pensando a Buttiglione ministro della scuola.

Perché poi, davvero, io stavolta non mi sono vergognata del mio ministro. L’ho già scritto. A me Fioroni è parso uno che ci teneva, alla scuola, ed ho sperimentato la sensazione di potermi fidare – guarda che era la prima volta da quando insegno, e non insegno da un giorno – e poi chi lo avrebbe mai detto, che qualcuno avrebbe avuto il coraggio di sollevare la questione dei “debiti formativi”? Dai, la più impopolare delle nostre questioni. Ci vuole un ministro in totale buona fede, per fare una cosa così. E io, fino a Fioroni, un ministro in buona fede non ricordavo di averlo mai avuto. E poi dai, quando revocò la parità agli asili della Moratti che volevano discriminare i bimbi stranieri? Grande. E quindi io mo’ vado a votare pensando a ‘ste cose qui, concentrandomici molto. Buttiglione, no. Non lo voglio. Lavorerei troppo male.

C’è la riunione condominiale dell’Italia, io la sto vedendo così, e tocca scegliere l’amministratore. Basta. Non diamogli altri significati. Non pensiamo oltre. Concentriamoci sulle lampadine nell’androne, che bisognerà pur cambiarle, e stop. Sì, dai. Vado a votare. Mo’ mi faccio la doccia e vado.

Però non fatemelo dire, per chi voto. Non ricordatemelo. E’ evidente che voto per la maggiore delle alternative a quell’incommensurabile pagliaccio che mi potrebbe piazzare per ministro Buttiglione, e non è il caso di frugarci dentro più di tanto. Guardate altrove. Ci sono pratiche che vanno svolte in sobria intimità.

Stasera non potrò manco bere per dimenticare. Renditi conto. Ho già fatto bagordi giovedì e noi signore a dieta non dobbiamo esagerare, ché sennò è la disfatta. Però sconto la mia imprevidenza, ecco. Dovevo tenermela in serbo per stasera, la cartuccia. Forse era la volta buona che mi veniva per davvero, la sbronza triste. Altro che intonare cori alpini nei vicoli.

Mi toccherà stare triste da sobria, invece. Passerò l’aspirapolvere per dimenticare. O cercherò lavoro estivo in Eritrea, che ultimamente non faccio altro. Qui abbiamo, come orizzonte, una porta con la scritta “Uscita”, e l’estate ci serve per prendere fiato. Se avete lavoro da offrire in quella zona, fate un fischio. Io, intanto, vado un attimo a votare, così mi tolgo il pensiero.

P.S. a mo’ di disclaimer: qui l’astensione l’abbiamo praticata, oh se l’abbiamo praticata. Non è mai servito a una mazza. E’ servito solo a farci abbassare ulteriormente il livello delle aspettative la volta dopo. Mi sono scocciata. E non voglio prendere ordini dalla Moratti. Quindi ho votato e non parliamone più, ecco. Ma che pena, gessù.