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(Il seguito a questo post, un anno dopo)

Vabbe’: dicevamo, la questione della presunta non islamicità dello smalto per le unghie. Cerchiamo di capirci, quindi. Per favore.

Secondo coloro che affermano che una donna con lo smalto non pratica l’islam, la questione sarebbe in questi termini: lo smalto è impermeabile all’acqua, la quale non entra in contatto con le unghie durante il wudu (che io chiamerei abluzioni, dai) e ciò invaliderebbe le abluzioni stesse e, di conseguenza, la preghiera. La quale non “arriverebbe al cielo”, come si suol dire, o ci arriverebbe in modo più accidentato.

Ora, ragioniamo un attimo: lo smalto all’epoca del Profeta non esisteva, giusto? Il senso delle abluzioni, quindi, prescinde da esso e si centra, pare a me, sulla pulizia e, per estensione, sulla purezza di colui che si accinge a pregare. Pulizia esterna come riflesso di quella interna, e l’acqua a fare da strumento che porta via le impurità. E pulizia intesa anche come re-incontro con se stessi, liberi dalle scorie del mondo e dalle sue barriere e vicini alla condizione più di base possibile. Giusto? Correggetemi se sbaglio, per favore.

Ora: io capisco che lo smalto possa stridere con questo spirito, se uno decide di perseguirlo cinque volte al giorno con lo stesso desiderio di radicale purezza, ma di certo ce ne sono altri miliardi, di cose che stridono. Lo sporco sotto le unghie, per esempio: ne ho viste assai, di abluzioni, ma né ho mai visto usare lo spazzolino per le unghie a chi le faceva, né ho mai visto dei musulmani praticanti allontanare dalla moschea chi aveva le unghie sporche. E sì che ce ne sono, ecco… O l’henné stesso, che comunque occlude i pori e fa barriera, che ci piaccia o no. O, chessò, un dente ricoperto, visto che anche il lavaggio dei denti sarebbe raccomandabile ed è evidente che un dente finto copre la gengiva in modo innaturale. E così via.

Per contro, se è la pulizia ciò che si persegue, cosa c’è di più pulito di un’unghia pulita protetta dallo smalto a sua volta sciacquato cinque volte al giorno? Ma davvero  la preghiera di una le cui unghie non sono entrate in contatto diretto con l’acqua vale meno di quella di chi si è bagnata le unghie? E comunque, se di pulizia si vuole parlare, voi vi rendete conto del proliferare di batteri e funghi che si crea sotto i veli sintetici? Ci siete mai state, d’estate, in un’aula piena di studentesse velate di sintetico e sudate dalla testa ai piedi? Sapete che odore si crea? E comunque: come è possibile che ci sia tanto impegno contro lo smalto e tanto poco impegno contro la sporcizia, l’inquinamento, gli schifi alimentari di fritti e dolciumi e grassi e tutto ciò che davvero lo sporca, il corpo, dentro e fuori? Cosa c’è di autenticamente islamico in una simile focalizzazione?

Bene: la vera differenza che io vedo tra questo slancio di abluzione impeccabile e le consuete abluzioni approssimative assimilate dal senso comune è solo una, ed è che lo smalto è visibile e permette, di conseguenza, il controllo sociale delle donne, regalando ad un’autoelettasi “ortodossia” islamica – certo non più antica dello smalto stesso – uno strumento in più per fomentare giudizi, maldicenze, cattiverie incrociate, malignità e così via e per fare quindi pressione sui comportamenti individuali attraverso il controllo, con l’obiettivo di creare conformismo, non certo spiritualità. Ti metti lo smatto? “Pissi-pissi-pissi”. Non te lo metti? “Oh, che brava sorella!”

Ed io: 1) non riesco a vedere nulla di religioso in ciò e ritengo che Dio proprio non c’entri; 2) sono felice che l’Egitto non sia – ancora – così.

Devo spiegarlo, il perché? Lo spiego.

Perché, intanto, in Egitto gli ambienti sono tanti come le persone, e si può – ancora – essere musulmani con uno spirito anziché con un altro, sentendosi bene e sfuggendo al clima da 1984 evocato da certe posizioni. Si suppone che non ci sia un clero, nell’islam. Questo dovrebbe dare al credente una maggiore spontaneità, mica gettarlo in pasto del primo che passa in preda ai fervori. Un islam che ti consegna a costoro, invece, si ritrova con l’assenza di clero trasformata in debolezza, anziché in forza: il clero vero, almeno, passa per degli esami, come dire.  Un islam in cui imperano i preti e le suore autonominatisi tali diventa facilmente una mina vagante.

Bene: in Italia, non esiste una pluralità di ambienti. La cosiddetta comunità islamica è quella e stop. La conseguenza è che, come ho già scritto altrove, a me capita di conoscere musulmani di seconda generazione di immigrati, soprattutto, che di fronte a queste cose se la dà a gambe, che si fa in solitudine il Ramadan e via dicendo e che si ritrova letteralmente tra l’incudine e il martello, musulmani anomali perché persone che, a preservare il proprio spirito critico, ci terrebbero.

La pluralità che, nonostante tutto, esiste in un paese come l’Egitto e non esiste presso il nostro islam, è l’unico antidoto che conosco contro l’appiattimento, il conformismo e, in ultima analisi, l’ipocrisia che l’ossessiva attenzione verso le manifestazioni religiose esterne comporta. La mia Wahida si sente integrata, musulmana, felice e praticante col suo smalto sulle unghie. In Italia sarebbe stigmatizzata e giudicata male e considerata una non praticante. Che farebbe, a quel punto? Rinunciare allo smalto per non essere giudicata? Isolarsi? Boh. Diciamo che Wahida ed io preferiamo l’Egitto, ecco. Finché dura…

Che poi, lo vedi, siamo qui a parlare di smalto. Non della crisi dell’islam di oggi, non di problemi veri e seri, non di come migliorare l’effettiva situazione delle donne islamiche nel mondo, no: di smalto, si parla. Finisce sempre così, ed è che queste trappole servono a questo: a farti annegare nell’attenzione spasmodica verso le cazzate, fino a perdere tutto il resto di vista. Mettiamo il profumo che contiene alcool? L’aceto si potrà usare?

E’ stato tutto uno sventolare di veli indignati, nel vedermi scrivere che è pieno di fuori di zucca, da noi, o che il kitsch arabo contemporaneo potrebbe anche non venire incluso nel pacchetto-religione del neo-convertito, ché l’islam ha alle spalle un patrimonio di bellezza più degno di attenzione del made in China delle roselline attuali. Apriti cielo, come vi siete adombrate.

Ma dove eravate quando l’UCOII ha impedito a una di voi di fare un calendario contro l’infibulazione, per dire? Dove siete di fronte ai problemi veri della vostra comunità, voi che sapete l’italiano, avete strumenti per intervenire, per influire, per fare da ponte tra un mondo e l’altro e vi appiattite completamente, invece, sugli slogan contenuti nei libretti ciclostilati tutti uguali, in tutte le lingue del mondo, e che rappresentano la versione islamica dei manuali americani di auto-aiuto? Il manuale della perfetta sposa islamica, il manuale dei precetti, il manuale di questo e di quello… ne ho la casa piena, dai. Questo è ciò che si vende nelle moschee, lo sapete voi come lo so io. Un mondo semplificato e sotto vuoto. L’islam liofilizzato.

E, sì, buttiamo lo smalto, ché il Paradiso ci aspetta. Andiamo a insegnare l’islam agli arabi, come dice il tale: “Anche io ci scherzo con loro, fraternamente, a volte per far accettare certi discorsi religiosi uso un tono non severo, informale, semplice, normale, del tipo: “dai vieni a pregare, non perdere tempo dietro all’action film, dai, solo 5 minuti, però al massimo anche 10“. Gli mancava solo questo, al mondo arabo: i missionari europei che gli vanno a diffondere l’islam. Non si può dire che difetti di fantasia, la realtà.

Be’: non è questo l’islam che mi piace, che vi posso dire. Io, per islam, intendo questa roba qua,  o ciò che permette al Cairo di essere una megalopoli di 20 milioni di abitanti del Terzo Mondo e, tuttavia, di non essere l’inferno che, a pari condizioni e con lo stesso numero di poliziotti in strada, qualsiasi città non musulmana sa essere.Cosa sarebbe il Cairo – questa città piena di musulmani “non praticanti”, a sentire voi – se non fosse per l’islam? La giungla?

Ma cosa sarebbe, se diventasse come voi sembrate desiderarla? Una tomba, una bolla chiusa, la capitale mondiale del conformismo perché sì, cosa? Ed una come me, dall’aria cristiana e senza velo, come farebbe ad andarci in giro 24 ore al giorno come faccio adesso, se voi vi moltiplicaste per venti milioni assieme al disprezzo per i cristiani che negate in pubblico e praticate in privato? Un incubo, sarebbe. Altro che il Cairo.

Sto generalizzando? Forse sì. Presi uno a uno, tutti voi avete una sensibilità, un cervello, delle buone intenzioni. Lo so. E’ in branco, che mi fate paura. Non per ciò che pensate: per ciò che non pensate. Per ciò che lasciate che altri pensino al posto vostro, senza fare una piega.