Il blog di Paolo Gonzaga mi risparmia la fatica di scrivere, in questi giorni:
L’Egitto, sta vivendo a mio avviso uno dei suoi momenti più belli, dove l’entusiasmo per la rivoluzione ha fatto rinascere la voglia di discutere, di manifestare liberamente il proprio pensiero e dove, in definitiva, si assiste ad una rinascita culturale vera e propria. In questo continuo dibattere, dai dintorni di Piazza Tahrir, ai budelli di “wast el balad”, il centro città decaduto e operaio, tra una ferramenta ed un panino di ful o di koshari con meccanici e operai, ai vicoli sterrati di Bulak Dakrur tra gli appena arrivati dal poverissimo sud Egitto, ad uno dei quartieri popolari dove più illegalità si concentrano come Dar as-Salaam, tra un’officina dove fabbricano armi “fatte in casa” in vendita al miglior offerente, alle case di lamiera o di pietra di Manshiyyat en-Nasr, centro di smistamento di droghe, o in mezzo alle tombe abitate da 2 milioni di cairoti dalle origini più varie e dai mestieri più vari, per arrivare ai vari Caffé Greco o Riche Cafè, storici rifugi dell’intellighentsia di sinistra, i discorsi sul rapporto tra religione e politica sono gli argomenti piu’ discussi e dibattuti, ad ogni livello sociale, e il rapporto tra di esse sembra essere più conflittuale di prima.
Forse prima del 29 Luglio il tema del rapporto tra religione e politica non era stato affrontato ancora con l’asprezza che invece ha preso dopo la manifestazione del venerdì 29 Luglio. La manifestazione che si chiamava “Giorno dell’Unità” e che tutto portò fuorché unità. Infatti i movimenti “salafiti”[3] e dell’”islam politico”, con parte dell’area più conservatrice dei “Fratelli Musulmani” vollero farne una prova di forza[4] e non rispettando i patti presi con le altre formazioni, trasformarono la manifestazione in un happening islamista.
Si riferisce al Giorno dei Salafiti che ho raccontato qui e di cui ancora adesso, a oltre un mese di distanza, ricordo più di tutto l’infinita fila di pullman bianchi, nuovi, con l’aria condizionata e ordinatamente numerati, parcheggiati nelle strade attorno a Tahrir; pullman pagati con denaro fresco, evidentemente arrivato dall’estero, e serviti per raccattare barbuti in tutte le campagne egiziane e portarli a piazza Tahrir, a sventolare bandiere saudite nel cuore del Cairo.
Da quel giorno questa tematica è tornata ad essere centrale nei dibattiti politici, massmediatici e tra la popolazione. E dopo quel giorno hanno cominciato a delinearsi i primi due grossi schieramenti che probabilmente si affronteranno alle elezioni parlamentari. Infatti dopo un’unità di facciata durata fino a poco fa, per ora si stanno formando due coalizioni principali: “Il Blocco Egiziano”, che comprende formazioni laiche, gruppi e partiti della sinistra e gruppi e partiti liberali e l’ “Alleanza democratica per l’Egitto” in cui si sono aggregati i “Fratelli Musulmani”, la galassia di partiti di ispirazione islamica, la destra liberista, capitalista e moralista del Wafd ed i “salafiti”, a partire da quello che appare come il maggiore di essi, l’“Hizb an-Nur” (Il Partito della Luce) .
Il post (a cui rimando perché vale la pena leggerlo per intero) continua con un’analisi dettagliata degli eventi di quel giorno e dell’attuale quadro politico egiziano:
Le persone con cui ho parlato, i giovani con cui mi sono rapportato, avevano diversi atteggiamenti di fronte ai “Fratelli Musulmani”, molti avevano diviso Piazza Tahrir con loro, e per questo non si auguravano una troppo forte polarizzazione, ma l’estraneità e il fastidio per i “salafiti”, il timore di un loro rafforzamento, l’antipatia per il loro fanatismo e ignoranza erano presenti sulle bocche e sui volti di tutti coloro con cui ho parlato, perfino sui volti dei giovani dei Fratelli Musulmani.
Tra le fila dei salafiti è molto forte e presente la componente delle “jama’at islamiyya”, (il cui leader è stato appena scarcerato), che ha ancora le mani sporche del sangue di numerosissimi egiziani, uccisi a partire dall’ex-presidente Sadat nel 1981, fino agli omicidi di altri egiziani visti come miscredenti poichè non condividevano il loro estremismo. Personalmente non pensavo che i Fratelli Musulmani avrebbero trattato con loro e vi si sarebbero avvicinati tanto, ma al contrario, sotto la direzione di Mohammed Badie, ex-compagno di prigionia di Sayyid Qutb, il capofila dei radicali islamisti e dei “takfiriiyun, i Fratelli Musulmani sembrano decisamente regredire ideologicamente.
Segue un’analisi del movimento salafita e della direzione imboccata dai Fratelli Musulmani su cui spenderò due parole in un prossimo post. E poi passa all’argomento più colpevolmente ignorato dai nostri media: il ruolo dei lavoratori e dei sindacati nella rivoluzione.
La situazione in Egitto è estremamente fluida, gli schieramenti e le alleanze sono andati costruendosi lentamente, non senza strappi in avanti o passi indietro, e si é arrivati alla nascita di questi due grandi blocchi dopo mesi di registrazioni di nuovi partiti, di dibattiti, di manifestazioni, di calcoli da parte di molti…..Non giurerei affatto che gli schieramenti permangano tali e quali quelli che si stanno profilando oggi, molti cambiamenti sono ancora possibili. L’attuale governo civile, presieduto da ‘Essam Sharaf, una persona considerata da tutti molto perbene a con alcuni ministri molto apprezzati prosegue, pur sotto l’ombrello della giunta militare che è poi il vero governo del Paese, nella sua opera di ricostruzione democratica. Assieme al Ministero dei Lavoratori, presieduto da un ministro dalla storia di sinistra, gli operai (del cui ruolo nella rivoluzione e situazione particolare parlerò nel prossimo articolo) e i lavoratori delle varie categorie, sono riusciti a ottenere una legge che permette ora la formazione libera di sindacato, con le sue regole democratiche di elezione dei rappresentanti da parte dei lavoratori. Questa è stata una grossa conquista per gli operai, che tutt’oggi sono in lotta per un aumento del salario minimo affinché passi dalle 700 Lire Egiziane attuali a 1.200 Lire Egiziane (1.200 Lire Egiziane sono 150 euro, mentre l’attuale paga minima di 700 LE non sono nemmeno 90 euro)
Le lotte operaie e sindacali sono stata l’ossatura della rivoluzione, anche se in Italia se ne parla troppo poco. Pochi conoscono il ruolo centrale avuto nella rivoluzione,da parte di alcuni sindacati, del ruolo degli operai del distretto industriale di Mahalla, delle città industriali in sciopero, vero incubo del regime Mubarak .
La rivoluzione egiziana, come ho scritto più volte, non è sbucata sotto a un fungo, ma è stata preceduta da anni di lotte sindacali: tra il 2006 e il 2009, il numero dei lavoratori che hanno scioperato per il salario minimo e la sicurezza sul posto di lavoro si calcola attorno a un milione e mezzo. Lo stesso Movimento 6 Aprile prende il nome dal 6 aprile 2008, giorno in cui uno sciopero generale sancì la nascita dell’unione tra sindacati e forze politiche di opposizione.
Consiglio, a chi fosse interessato a conoscere meglio l’Egitto laico e di sinistra, di seguire – oltre al blog di Gonzaga – la pagina su Facebook dell’Unione dei Giovani Socialisti Egiziani, movimento nato per riunire tutta la gioventù di sinistra del paese, indipendentemente dai partiti di appartenenza. Il manifesto in cui spiegano il perché di quest’unione mi ha fatto pensare alla sinistra italiana e alla nostra gioventù. E’ stato un pensiero malinconico.
E ancora questi dirigenti, nonostante la rivoluzione del 25 Gennaio sia stata accesa dai giovani, persevera a voler esercitare la sua tutela sui giovani della sinistra, nei suoi partiti e nelle sue rigide organizzazioni, e persevera a non voler lasciare alcuno spazio agli elementi e ai quadri giovanili di guidare o nemmeno partecipare alla dirigenza di questi partiti e organizzazioni.
Noi perciò, persuasi dell’incapacità di questi partiti di esprimere i nostri sogni, e ambizioni, noi giovani della sinistra d’Egitto, per nostro senso di responsabilità verso la nostra patria e verso la nostra area politica e la nostra convinzione nel ruolo che deve svolgere la sinistra presso il popolo egiziano in questo periodo, che è un ruolo che non può essere svolto attraverso i metodi tradizionali di questi partiti e di questi dirigenti; noi siamo certi che la fondazione di una unione dei giovani in cui si uniscono tutte le forze della sinistra, lontani dalla tutela delle leadership di questi partiti – con il diritto di ogni compagno/a a mantenere la propria appartenenza di partito o organizzazione – sia divenuta una missione rivoluzionaria e patriottica
Unione Giovani Socialisti Egiziani
(L’Egitto sta davvero vivendo un momento di grande, contagiosa passione politica. Credo si noti. Perdersi quello che sta succedendo sarebbe un peccato grave, davvero.)
Il flame islamico dell’estate: tutti contro lo Stato laico | Haramlik
[…] successo che l’ex direttore di Islamic Relief in Italia, il già citato Paolo Gonzaga, che si trovava a sua volta in Egitto per approfondire gli argomenti di cui tratta nel suo libro […]